SWEENEY TODD, IL TAGLIAGOLE DI FLEET STREET

Sweeney_Todd_021Quando nel 2007 il regista Tim Burton portò nei cinema il suo film “Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street” il pubblico restò letteralmente estasiato, sia per la solita maestria del genio del gotico sia per le interpretazioni di Johnny Depp che di Helena Bonham Carter. Il film è un musical dal sapore dark e malinconico, con in più quel pizzico di ironia tipica del cinema burtoniano. Pochi forse sanno che il personaggio protagonista della pellicola è probabilmente esistito sul serio. Perciò dall’opera di fantasia dobbiamo necessariamente distaccarci per andare alla scoperta delle tracce e delle prove che possano provare l’effettiva esistenza nella realtà di Sweeney Todd, uno dei più feroci serial killer mai esistiti. Ma sarà esistito veramente questo personaggio?

Secondo alcuni studi autorevoli sembra che Sweeney Todd sia effettivamente esistito, quindi ci troviamo di fronte ad una figura modellata sì dalla fantasia di un cineasta ma che trova le sue fondamenta nella realtà, o più precisamente in un momento storico ben preciso, ovvero nell’Inghilterra del XVIII° secolo. La città di Londra, teatro dei raccapriccianti delitti di Todd e che sarà anche il luogo in cui mieterà le sue vittime Jack lo squartatore, era già a quei tempi uno dei maggiori agglomerati di individui delle classi più disparate: dalle famiglie nobili all’alta borghesia, fino a giungere al proletariato, agli artigiani e più in basso ai poveri disperati che brulicavano nei vicoli della città. Mentre lo squartatore operava maggiormente per strada assassinando povere prostitute, Sweeney Todd invece praticava i suoi omicidi in maniera totalmente differente e alquanto bizzarra.

Le fonti ci dicono che Todd nacque il 16 ottobre 1756 da una famiglia molto povera capeggiata da un padre alcolizzato che lo picchiava innumerevoli volte. Cresciuto in un’ambiente violento, il giovane Todd inizierà a mostrare strane manie sin dall’adolescenza. Dopo essere stato abbandonato dai genitori venne arrestato per furto e passò alcuni anni in carcere dove fece l’aiuto barbiere, un privilegio che attirò le ire degli altri detenuti che lo pestarono in maniera sconsiderata. Una volta uscito di galera, Todd organizzerà la sua atroce vendetta nei confronti di un mondo che percepiva come ostile.

Una donna di nome Margery Lovett si innamorò perdutamente di quello strano individuo cosi violento e selvaggio tanto da diventare sua complice. Todd acquisterà una bottega nella malfamata Fleet Street confinante con la panetteria di Mrs. Lovett. I due uccisero tantissime persone (si parla di circa 160 omicidi attribuiti a Todd) con un modus operandi preciso e ottimamente calibrato: Sweeney attirava gli ignari clienti nel suo buio negozio; per un solo penny gli iniziava a radere la barba e, nel frattempo, gli tagliava la gola in modo da ucciderli rapidamente; per far sparire il corpo tirava una leva nascosta nel retrobottega che apriva una botola sotto la sedia, la quale girava su sé stessa: il corpo agonizzante finiva così nella cantina sottostante, dove restava nascosto. La dolce Mrs. Lovett si occupava della scarnificazione dei cadaveri che diventavano poi ingrediente necessario per le sue torte salate.

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Nonostante l’elevatissimo numero di sparizioni nella zona, nessuno sospettò mai di Sweeney Todd, probabilmente perché Fleet Street era una zona molto malfamata dove l’omicidio era all’ordine del giorno. In quel caos di povertà e di crimine si nascondevano Todd e la sua complice, liberi di soddisfare i propri impulsi impunemente. Si dice che Todd, ribattezzato il barbiere demonio, provasse una sorta di strana eccitazione sessuale quando toccava dei rasoi, lo strumento preferito utilizzato per i suoi delitti, potremmo perciò azzardare una motivazione alla sete di sangue del barbiere: non solo un sentimento di vendetta nei confronti di una società che lo aveva sempre maltrattato, ma anche una sorta di lussuria deviata, un piacere sessuale che culminava nell’orgasmo finale, ovvero nel taglio della gola del suo cliente. Dopo molto tempo la polizia iniziò a sospettare di Sweeney perché molta gente si lamentava del fatto che nei pressi dei due negozi si sentisse un tanfo insopportabile. Una volta tenuta d’occhio la bottega di Todd le forze dell’ordine si accorsero che i clienti che entravano non uscivano più. Dopo una accurata ricerca, la polizia trovò finalmente i cadaveri ammucchiati nelle catacombe sotto i negozi di Todd e della Lovett.

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Margery Lovett si avvelenò in cella nel 1801, Todd invece venne processato e trovato colpevole di almeno 160 omicidi; venne così sentenziato a morte. Molti dei clienti che mangiarono e apprezzarono le torte della Lovett ne rimasero scandalizzati, come tutta l’opinione pubblica del resto. Il diabolico barbiere di Fleet Street venne impiccato il 25 gennaio 1802.

Anche se ancora oggi la disputa sulla reale esistenza del killer è più accesa che mai, molti studiosi ritengono che gli elementi raccolti siano troppo dettagliati per trattarsi di una leggenda, perciò l’ipotesi più credibile è che il demone barbiere abbia davvero macchiato di sangue Fleet Street massacrando i clienti della sua bottega.

Vincenzo Abate

GEOFFREY PORTWAY, L’ORCO CHE VOLEVA DIVORARE I BAMBINI

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Sembra un film dell’orrore, uno di quegli splatter cruenti che più che spaventare provocano disgusto, ma non è cosi. In questo caso è tutto vero, ed è proprio per tale ragione che il disgusto si mescola con un terrore cieco, profondo, un brivido che ci scuote dall’interno.
Quando la cronaca ci mette a confronto con storie di questo genere il nostro livello di guardia tende a crescere a dismisura, come se una spia segnalasse un guasto nel nostro impianto emotivo, troppo aperto al prossimo e cosi facile preda potenzialmente di qualche malintenzionato.
Questa è una storia del terrore, una vicenda reale. Non stiamo citando eventi accaduti anni fa, parliamo di questi giorni. Un uomo che rappresenta in maniera inequivocabile l’orco cattivo divoratore di bambini o l’uomo nero che spaventa i fanciulli nel loro mondo onirico.

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Stiamo parlando di un uomo di nazionalità britannica di nome Geoffrey Portway, anni 40. Residente negli Stati Uniti (precisamente nello Stato del Massachusetts) Portway aveva progettato per bene una sua personale visione di un inferno dantesco, se cosi possiamo definirlo con un volo pindarico di fantasia messo in atto per tentare di esorcizzare l’orrore che ci pervade… ma non possiamo sfuggire alla morsa del degrado, dobbiamo annotare l’abominio in maniera chiara e distaccata, per quanto difficile possa sembrare.
Portway aveva progettato di rapire, stuprare ed infine divorare dei bambini. A tal proposito aveva organizzato la propria cantina come un vero e proprio bunker, una sorta di prigione per coloro che sarebbero state le sue vittime. Il mostro aveva costruito addirittura una gabbia d’acciaio ed una bara artigianale delle dimensioni di un bambino, ed inoltre si era equipaggiato con alcuni bisturi e materiale per la macellazione e la castrazione… Dio solo sa cosa avrebbe fatto questo essere se fosse riuscito a mettere in pratica i suoi propositi.
Uno scenario inquietante, degno del serial killer cinematografico Leatherface della saga di film Non aprite quella porta.

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La BBC riporta come l’uomo si sia reso protagonista anche di scambi di materiali pedo-pornografici su internet (si parla addirittura di 4500 pezzi tra foto e video), ed inoltre Portway ha passato gli ultimi mesi a chattare con un americano di nome Michael Arnett per avere consiglio su come uccidere e massacrare un bambino.
Per fortuna le forze dell’ordine sono riuscite a fermare i folli piani di questo essere mostruoso che ora rischia fino a 27 anni di carcere.
Un’altra prova del fatto che la mente umana rappresenta l’abisso più misterioso del mondo.

Vincenzo Abate

CHARLES MANSON “L’OMBRA DI SATANA”

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“Nessuno.
Non sono nessuno.
Sono un barbone, uno scroccone, un vagabondo.
Sono un vagone ed una brocca di vino
E una lama di rasoio… se ti avvicini troppo.”
Con queste frasi si descrisse Charles Manson durante un’intervista fatta in carcere. Frasi che mettono in luce in maniera netta lo stato mentale del soggetto, un individuo che rimarrà nella storia come uno dei peggiori criminali della storia americana.
Negli anni è stato etichettato con diversi nomi, tra i quali Satana. Manson rappresenta in pieno la figura del diabolico manipolatore, un oscuro messia di un gruppo di ragazzi sbandati e dalla personalità fragile, pronti ad obbedire a tutte le richieste ed ai voleri del loro leader carismatico.
Charles Manson non rappresenta il classico assassino seriale, egli è stato un qualcosa di diverso, probabilmente molto più pericoloso di un serial killer. Manson è stato un oscuro profeta dell’odio, un deviato padre spirituale che ha trovato in giovani deboli e frustrati coloro che potevano attuare i folli progetti del loro capo, piani fatti di odio e di un assoluto distacco dalla realtà.
Possiamo definire Manson un folle, sicuramente, ma un folle comunque in grado di organizzare e di tenere in piedi quella che era una vera e propria setta, passata alla storia come La Famiglia.
Un folle filosofo del Male, una definizione che giustifica appieno uno dei soprannomi con cui più volte viene etichettato: Mr. Satana!

L’infanzia di Charles
Charles Milles Manson nacque a Cincinnati (Ohio) nel 1934. Sua madre, Kathleen Maddox, stufa dell’educazione molto rigida data dai suoi genitori, scappò di casa ed iniziò a prostituirsi all’età di 16 anni. Charles nacque proprio da uno di questi rapporti che la madre ebbe durante la sua “professione”. Il padre era un certo Colonel Scott che si rifiutò di riconoscere il bambino avuto con la prostituta; Kathleen si sposò dopo qualche tempo con William Manson, un uomo che accettò la patria potestà del piccolo Charles. Il matrimonio finì però molto presto e Charles venne mandato in un colleggio maschile.
Ma i veri problemi e traumi nella vita di Charles dovevano ancora arrivare. Tutto iniziò quando sua madre venne arrestata per problemi legati alla droga e ad alcuni furti. Il piccolo Charles venne allora affidato agli zii che abitavano nel West Virginia. Da questo momento ebbero inizio gli incubi e maltrattamenti per il bambino di soli 5 anni. I suoi zii gli impartirono una educazione religiosa rigidissima ed erano sempre pronti a punirlo in maniera molto dura. Addirittura suo zio lo fece vestire da bambina il primo giorno di scuola per farlo umiliare da tutti i suoi compagni, mentre sua zia, che voleva sbarazzarsi di lui, lo maltrattava e picchiava continuamente.
Tutte queste angherie portarono Charles alla decisione di fuggire dalla casa dei suoi zii all’età di 12 anni.
Come successo anche a molti altri assassini seriali, anche Manson quindi visse i primi anni della sua vita in un ambiente malsano, subendo delle vere e proprie torture e continue umiliazioni che certamente contribuirono a creare quella mente psicotica che si svilupperà nel corso degli anni.

Adolescenza: i primi arresti
Trovatosi in giovanissima età a vivere per strada, Charles imparò subito a procurarsi ciò di cui necessitava per vivere. L’unica strada percorribile era quella criminale, e già a partire dalla prima adolescenza iniziò a rubare automobili ed a fare rapine nei negozi.
Questi atti criminali gli costarono il primo arresto. Venne portato nel carcere in Virginia.
In galera Charles subì altri maltrattamenti e subì altri violentissimi traumi che contribuirono senza dubbio ad accrescere la sua follia. Venne più volte violentato da parte degli altri detenuti fisicamente molto più grandi di lui tra la totale indifferenza delle guardie che, come raccontò poi lo stesso Manson, a volte partecipavano a questi stupri di massa. Non possiamo sapere con esattezza quante e che tipo di violenze subì l’adolescente Charles, ma sicuramente non se la passò bene nella sua prima esperienza dietro le sbarre.
Una volta rilasciato Manson fu arrestato poco tempo dopo per furto. Convinse una sua amica incinta a presentarsi in tribunale fingendosi la sua fidanzata, e con questo espediente riuscì ad ottenere gli arresti domiciliari. Ma questa “comodità” ottenuta con un piano molto intelligente ebbe breve durata poiché Manson venne nuovamente arrestato per aver picchiato due donne. Venne cosi condannato a scontare dieci anni di carcere nel penitenziario dell’isola di McNeil dello Stato di Washington.

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La “Famiglia”
Rilasciato sul finire degli anni sessanta, Manson si recò a San Francisco in tempo per la Summer of Love. Cercò di lanciarsi come musicista hippy, ma i suoi testi e la sua personale filosofia di vita si differenziavano in molti punti rispetto al pensiero che migliaia di giovani in tutto il mondo andavano enunciando.
Manson aveva sicuramente delle doti particolari, tra cui il grande carisma ed un fascino malato che ebbe molta presa su molti giovani che vivevano delle vite molto particolari, esistenze maledette fatte di problemi e di disadattamento nei confronti della società. Questi giovani sbandati trovarono in Charles un vero e proprio guru, un leader carismatico alla quale affidare completamente la propria vita, e Manson non si fece scappare l’occasione di creare una vera e propria setta di persone che pendevano dalle sue labbra. Egli immise nella mente di circa 50 giovani sbandati concezioni assolutamente folli ma che ebbero una grande presa: Manson appariva ai suoi seguaci come un vero e proprio leader religioso, addirittura arrivò a definirsi la reincarnazione di Cristo e di Satana messi insieme, quasi come se fosse una divinità superiore. Il satanismo di Manson appariva anch’esso deviato da numerose influenze viste sotto un ottica assolutamente distorta.
Fortissima era anche la condanna da parte di Manson verso le persone di colore, e questa è la caratteristica che differenzia maggiormente il suo movimento da quello hippy. Arrivò addirittura a profetizzare una futura guerra interrazziale tra bianchi e neri, con la vittoria di quest’ultimi che però non sarebbe durata molto, visto che sarebbero stati proprio i membri della “Famiglia” a prendere un giorno il potere strappandolo dalla comunità nera.
La “Famiglia” di Manson sopravviveva con gli introiti avuti dalle attività criminali svolte dai suoi membri, come rapine e furti. Praticavano sesso di gruppo e consumavano quantità enormi di varie droghe come hashish e LSD. La setta di Manson era proprio come una comunità hippy deviata però da concezioni razziste e di profondo odio verso la società e la Chiesa.
Nell’estate del ’68 Manson si recò a Los Angeles per realizzare il suo sogno, diventare un musicista famoso. Venne aiutato economicamente da Dennis Wilson, batterista dei Beach Boys. Ma l’insuccesso avuto provocò in Charles ancora più rabbia ed odio verso una società che egli vedeva come marcia.

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Il massacro di Cielo Drive
Manson rimase profondamente turbato dal suo insuccesso musicale, una delusione che non fece altro che accrescere in lui l’odio verso quel mondo che lo aveva rifiutato e di cui avrebbe voluto fortissimamente farne parte. In questo modo le sue ossessioni divennero sempre più radicate ed estreme, e se consideriamo che egli aveva molti giovani tossicodipendenti pronti a fare qualunque cosa egli volesse, allora capiamo immediatamente la pericolosità della situazione che infatti degenerò nel sangue.
Charles Manson organizzò quella che nella sua mente rappresentava la sua personalissima vendetta verso i potenti, coloro che avevano i soldi, quelle persone ricche di Hollywood che gli avevano sbattuto la porta in faccia. Manson pianificò la strage consumata nella casa di proprietà del produttore musicale Terry Melcher che si era rifiutato di scritturarlo per la Columbia Productions. Quella villa situata nel ricco quartiere di Cielo Drive divenne nella mente di Manson il simbolo di tutto ciò che disprezzava con tutto se stesso.
In quel periodo la villa era abitata dal regista Roman Polanski (che si trovava a Londra per concludere le riprese di Rosemary’s Baby) e dalla sua giovane moglie Sharon Tate, incinta di 8 mesi. Charles aveva tenuto sotto controllo la villa per diversi giorni, e fu cosi che decise di far praticare ai suoi adepti la mattanza che terrorizzò l’America intera. Egli non partecipò attivamente alla strage, ma la pianificò ed organizzò nei minimi dettagli. A mettere in pratica il suo folle disegno furono Charles “Tex” Watson, Susan Atkins, Patricia Krenwikel e Linda Kasabian, i membri più invasati della sua setta. Armati di revolver e di coltelli, essi entrarono nella villa e compirono una vera e propria mattanza. A perdere la vita furono in primis il guardiano della villa, Stephen Earl Parent, ucciso a colpi di pistola, poi vennero assassinati il parrucchiere Jay Sebring e Wojciech Frykowski, che venne accoltellato da Susan Atkins. Infine venne uccisa la giovane Sharon Tate. Susan Atkins scrisse col sangue della giovane moglie di Polanski la parola PIG su una porta, mentre su uno specchio venne scritto HELTER SKELTER, titolo di una canzone dei Beatles. L’espressione inglese helter skelter indica i grandi scivoli di forma elicoidale dei Luna Park, e fu interpretata da Manson come “arrivo del caos” e “fine del mondo”.
I massacri dell’organizzazione non si placarono e il giorno seguente vennero uccisi l’imprenditore Leno LaBianca e sua moglie Rosemary: i due furono colpiti da più di quaranta colpi alla testa con una forchetta. Col sangue delle vittime venne scritto su una parete Death to pigs (morte ai maiali). La “Famiglia” continuò per molti mesi nelle attività criminose, con Manson che organizzava tutto per realizzare il suo oscuro disegno, cercando in un qualche modo di far cadere la colpa sulla comunità nera. L’ultimo assassinio attribuito alla setta fu quello di un membro stesso, ovvero Donald Shea (soprannominato “Shorty”), reo di aver denunciato la setta e di aver sposato una donna di colore. Venne ucciso il 26 agosto 1969, il suo corpo venne tagliato in nove pezzi.
Charles Manson fu incastrato da un avvocato di origini italiane, Vincent Bugliosi, che riuscì a trovare delle prove decisive, e fu anche tradito da alcuni suoi adepti tra cui Linda Kasabian, che fu testimone chiave del processo.

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Susan Atkins, la concubina del Diavolo
Susan Denise Atkins, criminale statunitense morta nel 2009, entrò a far parte con il nome di Sadie Mae Glutz, nella Manson’s Family. Se Charles Manson era la mente diabolica che sviluppò l’idea dei massacri da effettuare come monito, Susan Atkins fu probabilmente il suo braccio armato più affidabile. Fu proprio lei ad uccidere in maniera brutale la giovanissima Sharon Tate, incinta di 8 mesi, colpendola con diverse coltellate. Col suo sangue Susan scrisse le parole PIG e HELTER SKELTER.
All’epoca dei fatti, Susan Atkins era una giovane donna che subì il fascino malsano di Charles Manson, accettando di fare qualunque cosa le dicesse di fare.
Durante il processo, Susan affermò che Manson era la mente che aveva organizzato le stragi compiute dalla “Famiglia”. Disse anche che il guru aveva già pianificato l’assassinio di altri nomi famosi dello spettacolo come Liz Taylor, Steve McQueen, Richard Burton e Frank Sinatra.
Il processo contro Manson e i suoi adepti ebbe una durata enorme, più di un anno per il solo dibattimento preliminare. Alla fine il processo si chiuse con la condanna a morte di tutti i componenti della “Famiglia”, ma nel 1972 lo Stato della California abolì la pena di morte, e Manson e la sua setta vennero spostati dal braccio della morte al carcere, con pena commutata in ergastolo.
Susan Atkins entrò in carcere il 1° ottobre 1969 e per diciassette volte le venne negata la libertà sulla parola. Affetta da cancro al cervello, morì nel settembre 2009 all’età di 61 anni nel penitenziario di Chowchilla.

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Il diabolico manipolatore
Charles Manson è passato alla storia come uno dei peggiori criminali della storia americana, certamente uno dei più pericolosi.
Egli non è come tutti gli altri serial killer che uccidono dando cosi sfogo alle loro pulsioni bestiali, no, Manson è stato qualcosa di diverso ed estremamente più pericoloso. Egli è stato un profeta del Male.
Il suo odio per quel mondo patinato di Hollywood (un risentimento dovuto alla consapevolezza che egli non sarebbe mai riuscito a far parte del mondo delle star) divenne sempre più forte nel corso degli anni, soprattutto dopo i numerosi rifiuti che ricevette per la sua carriera musicale alla quale teneva moltissimo.
Dopo aver vissuto un’infanzia ed una adolescenza segnate da tremendi traumi, Manson riuscì a creare intorno alla sua figura un’aura di grandezza che fece cadere in trappola molti giovani emotivamente fragili. Ragazzi dalla vita difficile, segnati da profonde insicurezze, questi trovarono nel carisma di Charles quella forza per affrontare la vita. Ma essi in realtà non affrontarono per niente l’esistenza, anzi si fecero trascinare in un vortice fatto di odio e di follia.
Manson era un predicatore malvagio e psicopatico, anarchico nelle sue argomentazioni, oscuro nel suo volere. Un agente del caos pronto a seppellire nel sangue l’intero mondo luminosi e sfavillante di Hollywood, simbolo di un potere sociale ed economico che rappresentavano tutto ciò che Manson aveva sognato per tutta la vita e che non riuscì mai ad avere.
Il suo carisma fece breccia in una cinquantina di giovani che pendevano dalle sua labbra, cosi decisi a realizzare i progetti apocalittici partoriti dal loro leader che misero in atto alcune delle stragi più spaventose della storia americana.

L’influenza di Manson nel mondo dello spettacolo
Charles Manson ha avuto una fortissima influenza nella cultura popolare. Il suo carisma diabolico e perverso ha lasciato il segno in diversi artisti che hanno lasciato vari riferimenti al folle predicatore dell’odio. Segnaliamo alcuni di questi riferimenti:
• Guns N’ Roses: Axl Rose, leader del gruppo, contro la volontà degli altri componenti del gruppo ha inserito nel disco The Spaghetti Incident? come traccia nascosta subito dopo I Don’t Care About You, cover della canzone di Manson Look At Your Game Girl. Negli ultimi secondi del brano, infatti, si sente Axl dire: “Thanks, Charles”.
• Eminem: nella canzone I’m Back, tratta dall’album The Marshall Mathers LP, Eminem cita Manson: “Manson, you’re safe in that cell, be thankful it’s jail” (“Manson sei salvo in quella cella, sii grato che è una galera!”).
• Ozzy Osbourne: il brano Bloodbath In Paradise parla dell’omicidio di Sharon Tate.
• Rob Zombie: la figura del “guru” della Family ha affascinato il cantante, il quale ha dichiarato che il suo look (capelli lunghi e barba) è stato ispirato da Manson.
• Slipknot: la band Nu metal americana, ha dedicato a Manson la prima traccia 742617000027 dell’album omonimo; nel brano una voce campionata ripete in loop la frase detta da Manson in un’intervista: “The whole thing, I think it’s sick” (“Penso che tutto sia malato”).
• Ramones: il brano Glad To See You Go (album Leave Home, Sire 1977), che cita Charles Manson più volte, si apre con le seguenti parole: Gonna take a chance on her/One bullet in the cylinder/And in a moment of passion get the glory like Charles Manson (Le darò una chance/Una pallottola nel tamburo/E in un attimo di passione mi conquisterò la gloria come Charles Manson).
• Trent Reznor (Nine Inch Nails): ha composto il concept album The Downward Spiral nella villa in cui Sharon Tate fu assassinata. La parola “Pig” fu scritta per la seconda volta sulla porta d’ingresso.

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• Marilyn Manson: il rocker più estremo e controverso degli ultimi venti anni ha creato il suo nome d’arte prendendo i nomi di due simboli della storia americana, ovvero Marilyn Monroe e Charles Manson. La Monroe rappresenta la parte bella e luminosa dello show business, mentre Manson è l’emblema perfetto del Male. Ma questa dualità è resa ancora più ambigua dal fatto che, in realtà, il cantante afferma che la Monroe ha anche un suo lato oscuro, infatti morì giovane per cause ancora poco conosciute, mentre Charles Manson ha anche un suo lato “positivo”, ovvero la notevole personalità e la sua grande capacità di manipolare le persone.
Nel settembre del 2012 apparve online una lettera scritta da Charles dedicata proprio al cantante Marilyn Manson. Difficile comprendere il soggetto del messaggio, anche a causa dello stile molto personale di comunicare di Charles Manson.

Vincenzo Abate

BELLE GUNNESS – LA VEDOVA NERA

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Una credenza comune nell’opinione pubblica vuole che gli omicidi seriali siano esclusiva di assassini di sesso maschile, mentre le donne sono destinate a recitare in eterno la parte delle povere vittime indifese. Ma gli studiosi dell’omicidio seriale cercano di indagare il fenomeno andando in fondo alla questione, procedendo con un approccio scientifico; da questo presupposto, vien fuori una realtà che in pochi immaginerebbero, infatti molti casi di omicidi seriali hanno visto come protagoniste donne, ma non nella parte delle vittime bensì del carnefice. E non solo, addirittura alcuni studiosi sostengono che le donne serial killer riescono a portare avanti per anni la catena di omicidi, in media molto più degli uomini, e per questo sono ancora più difficili da scoprire a livello investigativo. Le donne sono molto più furbe e attente degli uomini, e in un quadro patologico questa differenza viene rimarcata ancora di più. Prova ne è il fatto che l’arma preferita delle donne assassine è il veleno, un mezzo discreto, silenzioso, che non lascia tracce e permette di far catalogare la morte come naturale.

In questo articolo parleremo di una donna che è passata alla storia con il soprannome “La Vedova Nera”. Con il termine vedova nera si definisce la donna che uccide sistematicamente mariti e amanti; questo tipo di assassina è intelligente, manipolativa, paziente ed estremamente organizzata, inizia ad uccidere fra i 30 e i 40 anni, la maggior parte delle sue vittime sono uomini che hanno relazioni di tipo sessuale con lei o un qualche grado di parentela.

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La “Vedova Nera” per antonomasia è sicuramente Belle Gunness, una donna norvegese il cui vero nome era Brynhild Paulsdatter Storset. Essa è stata la prima donna serial killer attiva sul territorio americano, ed è molto probabile che abbia evitato la cattura, riuscendo cosi a farla franca per i suoi numerosi crimini. Molti i delitti della Vedova Nera, si pensa che i suoi omicidi siano più di 40.

Brynhild nacque nel 1859 a Selbu, un piccolo comune norvegese, vivendo un’infanzia segnata dalla povertà. Ebbe anche dei problemi durante lo sviluppo, infatti non era un tipo di donna che i ragazzi amavano definire attraente, mastodontica nella sua altezza e molto robusta come corporatura. Questo le provocava uno stato di infelicità che, probabilmente, segnò la sua psiche. A 21 anni decise di emigrare negli Stati Uniti per cercare di migliorare la sua condizione di vita. Dopo qualche anno si sposò e si trasferì a Chicago. In seguito iniziarono le stranezze nella sua vita: diede fuoco al negozio che aveva aperto col marito visto che l’attività andava male, riuscì però a far passare la cosa come un incidente e riscosse cosi i soldi dell’assicurazione. Nello stesso periodo, la figlia primogenita Caroline muore di una malattia misteriosa, mai ben identificata, e ad accrescere i dubbi sulla fine della piccola vi è il fatto che su di lei era stata posta un’assicurazione sulla vita, un possibile movente per un delitto. Un paio di anni dopo a morire è suo marito, anche lui per strani sintomi, simili all’avvelenamento da stricnina, ma essendo già malato da qualche anno non vennero fatti maggiori accertamenti sul corpo.

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Belle si trasferisce con i figli nello stato dell’Indiana, dove si stabilisce in una fattoria e si risposa. Anche il suo secondo marito, però, trova la morte qualche mese dopo il matrimonio, sempre in circostanze strane e con la solita assicurazione sulla vita incassata dalla vedova affranta. Da quel momento Belle inizia ad assumere molti contadini per aiutarla a prendersi cura della grande fattoria, e qui forse l’orrore ha trovato il massimo del suo sfogo, visto che la grande maggioranza di questi poveri contadini sparirono nel nulla, senza lasciare traccia. Dopo che anche un altro dei suoi figli trovò la morte in circostanze particolari, un enorme incendio distrusse la fattoria. La polizia ritrovò i corpi di tre bambini e di una donna senza testa, che si presume fosse proprio Belle Gunness. Indagini approfondite scoprono i resti seppellite di oltre 40 persone. Il mistero però si infittisce, considerando che secondo alcune stime il corpo di donna decapitato ritrovato tra le rovine della fattoria, in realtà non corrisponderebbe nelle dimensioni al fisico di Belle. Si iniziò a pensare che la feroce assassina avesse inscenato la sua morte per poi prendere un treno e fuggire verso est, rimanendo libera di uccidere ancora. Molti sono stati gli avvistamenti della donna nel corso degli anni, l’ultima dei quali risale al 1935 in Ohio, dopodiché della Vedova Nera non si seppe più nulla, avvolta nella bruma del mistero.

Questo è solo uno dei tantissimi casi in cui una donna assume il ruolo di assassina seriale e non, come in molti pensano, di vittima sacrificale della bramosia omicida degli uomini. Anzi, la storia di Belle Gunness dimostra semmai come la donna serial killer possa essere addirittura molto più pericolosa del suo corrispettivo maschile, proprio perché essa agisce in maniera più controllata e con tempistiche più dilatata, con maggiore pazienza, arrivando ad una freddezza interiore spaventosa. Nel caso della Vedova Nera probabilmente ci troviamo di fronte ad una mente malata ma, al tempo stesso, estremamente brillante, visto che alla fine con ogni probabilità ella è riuscita a scappar via, non pagando mai il suo debito alla società. E non sappiamo dire se la spietata assassina abbia ucciso ancora nei luoghi dove si recò dopo l’incendio della sua fattoria nell’Indiana. Una storia violenta che si chiude con un grosso punto interrogativo, un mistero insoluto.

Vincenzo Abate

WILLIAM SPENGLER, IL KILLER DEI POMPIERI

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Questa volta non racconteremo la storia di qualche assassino passato alla storia per le gesta abominevoli di cui si è reso protagonista, ma riporteremo i fatti che permetteranno al protagonista di far parte di quella lunga lista di folli criminali, lunghissima in territorio statunitense, a partire da oggi stesso, visto che parliamo di un fatto di cronaca avvenuto ieri.

Il 25 dicembre è per tradizione un giorno dedicato alla pace, in cui ognuno di noi cerca di dare maggiore spazio alla parte migliore di se per creare quell’atmosfera magica che può illuderci in alcuni istanti di vivere in un mondo migliore; purtroppo però bisogna osservare anche il lato oscuro della medaglia, poiché il Natale è un periodo estremamente negativo e difficile per quelle persone che soffrono di depressione o, nei casi più gravi, di disturbi psichici. Il Male è sempre in agguato, anche e soprattutto in quei giorni identificati come celebrazioni del Bene supremo. Forse il Diavolo gode maggiormente se riesce ad imporre la sua ombra malefica e distruttiva nei periodi dedicati alle celebrazioni dell’Onnipotente, anche se volendo uscire da un contesto di metafore bibliche potremmo semplicemente ammettere che la pazzia è sempre sul punto di trasformarsi in un qualcosa di distruttivo, soprattutto in quei periodi festivi in cui tutti si mostrano sereni e felici, un quadro generale che può aumentare probabilmente il senso di alienazione vissuto da un individuo disturbato.

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Questo fatto sanguinario di cronaca vede come protagonista un uomo di 62 anni di nome William Spengler. Non saremmo sorpresi di vedere un giorno associato il suo nome ai killer più famosi dell’ultimo secolo. Spengler era stato già condannato anni fa per l’assassinio della nonna di 92 anni, e ieri si è reso protagonista di un atto folle: ha dato fuoco alla sua abitazione per poter attirare dei vigili del fuoco, uccidendone due a colpi di fucile. Un vero e proprio arsenale quello presente in casa del killer, secondo gli inquirenti il soggetto era attrezzato per una vera e propria guerra. Ma l’aspetto più terrificante è un altro: le forze dell’ordine, una volta entrate in casa di Spengler, hanno trovato delle ossa umane, che si è pensa appartengano alla sorella, una donna di 67 anni che condivideva la casa con lui. Tra i due i rapporti non erano buoni, dicono coloro che li conoscevano, ma nessuno potrebbe mai immaginare un quadro d’insieme cosi agghiacciante.

Dopo aver ucciso i due vigili del fuoco, Spengler si è tolto la vita. Essendo un caso di cronaca accaduto poche ore fa non possiamo ancora stilare un profilo psicologico dettagliato di William Spengler, ma il fatto che egli abbia in passato ucciso sua nonna, più recentemente la sorella conservandone le ossa per finire alla sparatoria in cui ha ammazzato due pompieri, possiamo anche considerare quest’uomo non solo un folle, ma un vero e proprio assassino seriale, anche se certamente le tesi saranno molteplici. La strage è avvenuta nello Stato di New York, precisamente a Webster. Bisogna anche puntualizzare che le ossa trovate in casa di Spengler si pensa siano della sorella scomparsa, ma gli inquirenti non escludono anche la possibilità che esse appartengano anche ad altre persone uccise dal maniaco.

William Spengler passerà alla storia come il killer dei pompieri oppure come il killer di Webster, ciò che non sarà mai in discussione è la sua indole violenta ed il suo odio verso il mondo, visto quanto scritto nel testamento che gli inquirenti hanno trovato in casa sua. Tra le pagine parole deliranti, accenni alla volontà di bruciare l’intero quartiere e di seguire la sua attitudine naturale, ovvero uccidere persone. L’incendio appiccato da Spengler ha quasi distrutto casa sua e provocato anche ingenti danni a sette abitazioni del quartiere, mentre oltre ai due vigili del fuoco morti ce ne sono altri due finiti in ospedale, feriti dai colpi del fucile del folle.

William Spengler, 62 anni, conosciuto d’ora in poi come il killer dei pompieri, riesce nell’impresa di entrare a far parte di quei volti che terrorizzano gli individui dotati di coscienza, spaventati a morte dai mostruosi atti di cui si rendono capaci: i serial killer. Il fatto che egli abbia messo in atto il suo piano finale nel giorno di Natale non fa altro che accrescerne l’aspetto malefico e malato.

Vincenzo Abate

ED GEIN

Ed Gein foto

Necrofilia: fissazione sessuale per la morte e per i cadaveri. Quando l’ossessione è orientata al rapporto sessuale effettivo con il cadavere si usa il termine necrotico, mentre la denominazione del rapporto specifico con un cadavere di sesso femminile è necroclesi.

E’ veramente difficile riuscire ad immaginare qualcosa di più orribile e perverso della necrofilia. Essa rappresenta il lato più malato della pazzia, una totale mancanza di quelle sensazioni, emozioni, di tutto quell’apparato emotivo che rende un individuo un soggetto cosciente e razionale. Ci muoviamo nei dintorni della sfera del disumano, di un qualcosa che non trova corrispettivi neanche nel mondo animale, perciò non possiamo nemmeno citare la parte istintiva che è nascosta in noi. La necrofilia è una peculiarità di alcuni esseri umani, persone che all’apparenza sembrano perfettamente sane e lucide ma che invece celano in loro l’abisso più profondo. Chi ha incarnato perfettamente questo abominevole profilo psichiatrico è Ed Gein, un modesto individuo che abitava a Plainfield, nel Wisconsin. Basti dire che la sua figura ha ispirato alcune delle pellicole dell’orrore più famose sui serial killer, tra cui Il Silenzio degli Innocenti, Psycho e soprattutto Non Aprite quella Porta: Gein ricorda molto il personaggio di Leatherface, il pazzo che uccide le sue vittime con una motosega nel celebre film di Tobe Hooper.

Ciò che accomuna Gein ai personaggi cinematografici di Leatherface e Norman Bates è, oltre agli atti mostruosi compiuti, la sua abitazione, una vecchia casa fatiscente posta in periferia di una minuscola cittadina sperduta come ne esistono a migliaia negli Stati Uniti, uno di quei luoghi che non vengono mai menzionati nella cronaca e che sembrano essere delle zone estremamente tranquille per vivere. Il più delle volte è proprio cosi, ma per gli abitanti di Plainfield invece le cose sono andate diversamente, il male si annidava tra di loro ed era nascosto proprio in una di quelle persone che sembrerebbero insospettabili. Ed Gein era conosciuto da tutti nella piccola cittadina, l’opinione su di lui era che si trattasse di un onesto lavoratore, un po strano ma assolutamente innocuo, che aveva svolto tanti piccoli lavoretti per la comunità e che era fondamentalmente ben voluto da tutti.

In realtà Gein non è tra i serial killer che hanno ucciso più persone, ma sicuramente egli è un primatista per gli orrori di cui è stato capace. Quando le autorità entrarono in casa sua si trovarono di fronte ad uno scenario estremamente disturbante, infinitamente peggiore di qualunque film. Una casa degli orrori.

Ed Gein ebbe un infanzia difficile e strana, soprattutto nel rapporto con sua madre, una donna luterana e fortemente religiosa, che aveva ispirato nel figlio la consapevolezza della totale immoralità del mondo circostante e l’odio verso le donne, considerate delle prostitute. Il giova Ed a dieci anni provò un forte orgasmo osservando il padre e la madre intenti a macellare un maiale, e venne sottoposto anche a dure punizioni corporali per i suoi istinti sessuali, che dovevano essere repressi. Alla morte della madre, nel 1945, Gein pianse in maniera isterica come un bambino, e secondo il parere di molti psichiatri quell’evento fu la causa che fece spezzare l’esile filo della sua sanità mentale.

Gein venne arrestato in seguito all’omicidio di Bernice Worden che venne ritrovata in casa sua decapitata e appesa a testa in giù. Egli uccise anche Mary Hogan, un impiegata che era scomparsa un po di tempo prima. Ma nelle sue confessioni emersero delle abitudine molto più terrificanti di questi omicidi: Ed Gein dichiarò di aver fatto molte visite notturne al cimitero violando circa 18 tombe da cui aveva preso pezzi di cadavere. Si pensa che Gein provasse eccitazione nell’avere contatto con la carne putrida dei cadaveri, aspetto che lo associa alla necrofilia. Di particolare importanza, nella sua confessione, vi è il racconto del dissotterramento di una donna che somigliava molto a sua madre. Gein la portò in casa per lavorarne la pelle e costruire cosi i suoi orrendi manufatti. Quest’ultima tremenda perversione lo accosta inevitabilmente al personaggio del film di Hitchcock, quel Norman Bates che in Psycho conservò il cadavere della madre in casa sua, una dimora molto simile alla casa della famiglia Gein. Ed scampò alla sedia elettrica visto che venne riconosciuto insano di mente e venne internato in un manicomio criminale dove morì nel 1984 per il cancro.

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Un uomo dalle abitudini mostruose, un individuo che ha segnato l’immaginario di molti registi e di tutti coloro che si occupano dei casi di assassini seriali. Gein uccise forse solo due donne (anche se si pensa che possa aver assassinato anche altre persone) ma i suoi atti compiuti con i cadaveri lo rendono uno dei personaggi più abominevoli della storia americana. Per chiarire meglio l’enormità degli abomini di cui era capace mettiamo una lista di ciò che le autorità ritrovarono quando lo arrestarono. Casa sua era come l’anticamera dell’inferno, una casa degli orrori che siamo sicuri ha dato incubi a tutti coloro che sono entrati al suo interno.

Ecco la lista dei manufatti di Gein:

–          Quattro nasi

–          Alcune ossa umane

–          Dieci teste di donne utilizzate come decorazioni per la camera da letto

–          Le teste di Bernice Worden e Mary Hogans

–          Il cadavere di Bernice Worden, appeso a testa in giù, decapitato e sventrato

–          Pelle umana usata come tappezzeria per lampade da tavolo e sedie

–          Calotte craniche utilizzate come ciotole

–          Un cuore umano chiuso in una scatola

–          Due labbra umane che decoravano una finestra

–          Alcuni teschi

–           Un tamburo fatto di pelle umana

–          Femori usati come gambe da tavolo

–          Nove maschere fatte di pelle umana somigliante al cuoio

–          Una lampada con il manico fatto da una colonna vertebrale

Neanche il più visionario e folle dei registi avrebbe potuto immaginare qualcosa di peggio.

Vincenzo Abate

IL MOSTRO DI FIRENZE

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Questa è una storia dell’orrore che fa paura, che provoca un sottile stato di terrore che penetra nell’anima di un individuo per non abbandonarlo più. Il punto più terrificante di questa vicenda è che è tutto vero. Per molti anni si è creduto che l’Italia non potesse ospitare assassini seriali, queste sono cose che appartengono più alla storia statunitense soprattutto, ma cosi non è, anche l’Italia ha i suoi casi tremendi di folli assassini. In questa storia, però, le cose non sono cosi semplici, non si segue il solito schema con l’assassino che uccide, viene scoperto e arrestato, no, stavolta l’incubo è più sottile, perché non si è sicuri di nulla. Degli uomini sono stati incriminati e condannati per i delitti del mostro, ma alcuni eventi hanno suggerito ipotesi molto più sconvolgenti, celate nel buio. Una verità che forse non sapremo mai, o che abbiamo già sentito tra le centinaia di ipotesi venute fuori, ed in questo modo sarà sempre più difficile distinguere gli eventi reali da opzioni fantasiose.

Come abbiamo già detto, questa è una storia del terrore, una lunga storia di omicidi che iniziano nel 1968 e si concludono ufficialmente nel 1985. L’arma dei delitti è sempre la stessa, una pistola Beretta Long Rifle calibro 22. Una striscia di sangue lunga 17 anni, un generale panico creato in tutta la provincia di Firenze, dove per anni i genitori hanno esortato i proprio ragazzi a non recarsi di notte in zone di campagna, terrorizzati dalla presenza del mostro, l’uomo nero, un autentico spauracchio per l’Italia intera.

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La lista degli omicidi commessi dal mostro è molto lunga:

–          21 agosto 1968 omicidio di Antonio Lo Bianco e Barbara Locci

–          14 settembre 1974 omicidio di Pasquale Genticolore e Stefania Pettini

–          6 giugno 1981 omicidio di Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio

–          22 ottobre 1981 omicidio di Stefano Baldi e Susanna Cambi

–          19 giugno 1982 omicidio di Paolo Mainardi e Antonella Migliorini

–          9 settembre 1983 omicidio di Uwe Rush e Horst Meyer

–          29 luglio 1984 omicidio di Claudio Stefanacci e Pia Rontini

–          8 settembre 1985 omicidio di Jean Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot

In media, la modalità degli delitti era la seguente: nelle campagne intorno Firenze, una coppia si appartava con la macchina in zone poco illuminate, ed iniziavano a fare sesso. Il mostro spuntava fuori dal nulla e trivellava i ragazzi con ripetuti colpi di pistola, per poi tirarli fuori dalla macchina e colpirli selvaggiamente con il coltello. A molte ragazze sono stati praticati degli atti veramente bestiali, come l’asportazione del seno e della vulva con tagli fatti anche con una discreta precisione. Questi sono dettagli che ovviamente gettarono l’Italia, specie nei primi anni ’80, in un vortice di paura.

In quegli anni venne anche creata una “Squadra Anti Mostro” (SAM) che aveva il compito di trovare una soluzione al caso, vista anche l’enorme pressione esercitata dall’opinione pubblica nazionale, stanca e nauseata da questi brutali omicidi.

Ma le ipotesi sull’identità del mostro di Firenze ormai non si contano più, cosi come alcune teorie che dicono che dietro i delitti del mostro non ci sia un solitario serial killer ma bensì un gruppo di uomini assoldati da una qualche organizzazione esoterica. Per anni si è parlato anche di un fantomatico dottore, mandante degli omicidi. Difficile distinguere la realtà dalle supposizioni più assurde, ma in qualche modo si cerca di fare chiarezza su questo incubo vissuto dagli italiani per molti anni. Per molto tempo gli inquirenti fiorentini sono stati convinti che il mostro fosse Pietro Pacciani, un contadino che era già stato condannato per omicidio nel 1951. Ma se all’inizio si è pensato a Pacciani come un maniaco solitario, negli anni si è fatta sempre più largo l’idea che egli facesse parte di gruppo di assassini e di guardoni, i cosiddetti “compagni di merenda”. Pacciani era un uomo violento ed ignorante, che ha avuto diversi guai con la giustizia anche per abusi sulle figlie, ed era soggetto a collere improvvise che sconfinavano spesso nella violenza fisica e verbale. Insomma, l’incarnazione del mostro perfetto, un profilo che si adattava perfettamente al pericoloso maniaco che si aggirava nella campagne fiorentine. Quindi dovremmo supporre che con il suo arresto sia stato preso il mostro e che tutto sia finito? Forse… ma come abbiamo accennato precedentemente, questa è una storia dell’orrore atipica, dove il finale non è cosi scontato come potrebbe sembrare.

Mentre la sentenza di primo grado aveva condannato Pacciani, in quella d’appello il rozzo contadino viene assolto. Ci sono delle cose che non quadrano, perciò il potenziale assassino viene scarcerato. Secondo le testimonianze di alcuni uomini come Gianfranco Lotti e Mario Vanni, Pacciani non agiva da solo, ma faceva parte di un gruppo che era formato anche da loro e da altre persone, che si aggiravano nelle campagne alla ricerca di coppiette da massacrare. Si, ma a quale scopo? Si fa avanti perciò l’ipotesi di una setta segreta alle spalle dei delitti. Una setta esoterica che commissionava gli omicidi delle coppiette. Anche la morte di Pacciani risulta strana: egli morì per un attacco cardiaco, ma le analisi hanno dimostrato come egli avesse assunto dei farmaci totalmente sconsigliati per un uomo nelle sue condizioni, e quando venne trovato morto le finestre di casa sua erano spalancate e le luci spente, e questi sono fattori molto strani perché il contadino era ormai abituato a starsene rintanato in casa, con porte e finestre chiuse ermeticamente, a detta di qualcuno per paura. Forse per timore di possibili ritorsioni della setta che lo aveva spinto assieme ai suoi compagni di merenda a compiere quegli atti mostruosi?

Importante la figura del dottor Francesco Narducci, un gastroenterologo di Foligno morto il 13 ottobre 1985 nelle acque del lago Trasimeno. In prima battuta la morte del medico è stata classificata come semplice annegamento (probabile suicidio), mentre negli ultimi anni gli inquirenti si sono convinti che Narducci sia stato assassinato perché facente parte di una setta esoterico-massonica che potrebbe aver ordinato i delitti delle coppie. Altri presunti riscontri di un possibile movente magico-esoterico si sono avuti in occasione dell’ultimo delitto della serie, quello del 1985 a danno dei due turisti francesi; pochi giorni prima di essere assassinati i due si erano accampati in zona Calenzano ma erano stati invitati ad andarsene da un guardacaccia, in quanto il campeggio libero non era consentito in quella zona.In seguito lo stesso guardacaccia aveva rinvenuto, poco distante dal luogo in cui Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili si erano accampati la prima volta, tre cerchi di pietre, di cui due aperti ed uno chiuso, contenenti bacche, pelli di animali bruciate e croci di legno. Secondo il parere di alcuni inquirenti tali cerchi di pietre potrebbero essere ricondotti a pratiche di tipo rituale, da collegarsi con le fasi di individuazione, condanna a morte ed esecuzione materiale della coppia.

Gli ultimissimi sviluppi delle indagini portano alla pista di una setta esoterico-massonica sull’asse Firenze-Perugia. Narducci, che prima di morire era stato visto da alcune persone che lo avevano descritto come pallido e terrorizzato, è una figura chiave: i magistrati ipotizzano che egli fosse il custode dei reperti genitali e delle mammelle asportati alle vittime che sarebbero stati conservati nel suo appartamento. Un altro nome venuto fuori come di un possibile mandante insieme a quello di Narducci è Francesco Calamandrei, amico proprio di Narducci e titolare di una farmacia. Viene fatto anche il nome di un ex professore associato al Dipartimento di Dermatologia dell’Università di Firenze, Achille Sertoli.

Nel 2004 ennesimo colpo di scena sull’infinita indagine sul mostro. Gli investigatori intercettano alcune conversazioni fatte da Mario Vanni con un altro detenuto, secondo cui il vero e unico assassino delle coppiette sarebbe stato Mario Robert Parker, uno stilista di colore nato nel New Jersey e morto di aids nel 1996, che aveva abitato a Firenze e che sarebbe stato un frequentatore della setta satanica in cui era conosciuto con il nome di Ulisse. E’ certa anche la conoscenza tra lo stesso Parker e Narducci.

Questa è una storia dell’orrore che sembra non avere mai fine. Un grande mistero del Novecento italiano. Sui delitti del mostro di Firenze probabilmente non sapremo mai completamente la verità dell’intera faccenda, ma ciò che appare, dopo tanti anni di indagini, più probabile è che la pista del solitario serial killer abbia meno attinenza con la realtà rispetto all’idea che dietro gli omicidi del mostro vi sia in il gruppo dei compagni di merenda di cui ha fatto parte anche Pacciani, uomini che uccidevano coppiette per portare dei feticci femminili a qualche uomo potente che faceva parte di una setta esoterica. Un mistero che continua ancora a spaventare ed a creare sgomento in tutti noi.

Vincenzo Abate

ALBERT FISH

Albert Fish fotoE’ oggettivamente difficile che un serial killer abbia una sola perversione all’interno della sua personalità disturbata, ma è quasi impossibile che le abbia praticamente tutte insieme. Ma un caso di tale mostruosità è realmente esistito: si trattava di un uomo di nome Albert Fish. Quest’uomo aveva all’interno della sua mente praticamente tutte le possibili perversioni mai registrate nella casistica degli assassini seriali.

Il signor Fish nacque nel 1870 a Washington, proveniente da una famiglia ai limiti della più assoluta povertà e con molti casi di disturbi psichici. Alla morte del padre, il piccolo Albert in tenera età viene affidato ad un orfanotrofio dalla madre, impossibilitata a crescerlo da se. Già dai primi anni il giovane mostra alcune stranezze di comportamento, e non lo aiuta l’incontro con un sadico insegnante che aveva l’abitudine di punire gli alunni vivaci sculacciandoli davanti a tutti i compagni di classe; inutile dire che tale umiliazione toccò ad Albert molte volte. Quando uscì dall’orfanotrofio, l’adolescente Albert disse “L’unica cosa che ho imparato li dentro è che mi devo far piacere tutto quello che fa male”.

Da adulto Fish si rivela un individuo che non riesce ad adeguarsi completamente alla società, prova ne è il fatto che cambia molti lavori nell’arco di alcuni anni. Nella sua vita da adulto ebbe quattro mogli da cui ebbe diversi figli, e con ognuna di loro mostrò comportamenti perversi. Ma questi comportamenti strani fatti con le mogli erano solo una minima parte delle bestiali perversioni che si annidavano nel suo cervello. Una mente malata, caotica, dove la ragione cede di schianto al buio della più cupa follia. Venne arrestato diverse volte, ma per un motivo o per un altro veniva sempre scarcerato. Dopo aver assassinato un uomo adulto, Albert iniziò a concentrare le sue attenzioni sui bambini: orribile il caso della dodicenne Grace Budd, figlia di una coppia con cui Albert aveva stretto un’apparente buona amicizia, che venne uccisa dal maniaco attraverso lo strangolamento, che poi ne fece a pezzi il corpo per divorarlo. In seguito Fish inviò alcune lettere ai genitori distrutti dal dolore, dicendo che il corpicino della bimba era tenero e saporito da mangiare. Quando la polizia riesce ad arrestarlo, Albert racconta di tanti altri omicidi da lui compiuti nel corso degli anni, addirittura le forze dell’ordine erano certe, per quanto non ci fossero prove a sufficienza, che le vittime di Fish fossero almeno una quindicina. Processato e ritenuto colpevole per l’assassinio della piccola Grace Budd venne condannato alla sedia elettrica, dove trovò la morte il 16 gennaio 1936.

Molti psichiatri tentarono di studiare la complessità delle perversioni di Albert Fish, rimanendo sconvolti dai risultati delle perizie che indicavano un profilo di un uomo che di umano non aveva nulla, o forse sarebbe meglio dire che in lui si racchiudevano tutte le bestialità che una mente malata possa concepire. Tra le pratiche perverse attuate da Fish, i dottori ne hanno riconosciute almeno diciotto, tra cui la coprofagia (ingestione di escrementi umani), flagellazione attiva e passiva (aveva l’abitudine di auto flagellarsi a sangue), masochismo, sadismo, castrazione delle vittime e auto castrazione, pedofilia, fellatio, cunnilingus, anilingus, cannibalismo, feticismo, oltre alla strana abitudine di infilare oggetti appuntiti dentro il proprio ano e in quello delle vittime. Addirittura aveva il vizio di inserirsi nello scroto degli aghi appuntiti; una radiografia della regione pelvica fatta in prigione rilevò la presenza di 29 aghi infilati nell’inguine e nei testicoli. Diceva di uccidere perché seguiva gli ordini di Dio, una prova del fatto che soffrisse anche di allucinazioni.

Di Albert Fish si possono solo ricordare certe mostruose abitudine e aberranti perversioni, in una infinità che si fa fatica ad accettare. Come sia stato possibile che una tale pazzia sia cresciuta nella mente di un essere umano rimane un mistero insoluto, un caso sconvolgente che non va dimenticato per tenere sempre presente le crudeltà che l’uomo può fare quando si allontana dalle ordinate strutture della ragione e dei principi morali. Il terrore si insinua in ognuno di noi al pensiero che possa un giorno rinascere un essere come Albert Fish, l’assassino di bambini, che dopo averli uccisi li smembrava e conservava le parti più tenere per cucinare i suoi terrificanti manicaretti, con un controno fatto di carote e patate per insaporire la carne… la carne di poveri bambini innocenti.

Vincenzo Abate